
La vita facile
di Lucio Pellegrini
Niente è come sembra
Il binomio tra commedia e Africa sta diventando sempre più frequente nel cinema italiano di questi ultimi anni: si passa dal viaggio di formazione del film di Francesco Falaschi, Last Minute Marocco (2007), al più classico Io, loro e Lara (2010) di Carlo Verdone fino al recente cinepanettone trash Natale in Sudafrica (2010) di Neri Parenti. L’esotismo, la fuga, la redenzione sono elementi che ricorrono e dimostrano come l’Africa sia uno strumento per il riscatto, la crescita o più in generale il cambiamento di un personaggio. Proprio in questi giorni sugli schermi italiani è arrivato l’ultimo film riconducibile a questo filone cinematografico, La vita facile di Lucio Pellegrini che mette sul banco di prova tre attori noti al grande pubblico come Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino e Vittoria Puccini. Dopo aver raccontato la vita dei giovani precari in Italia con Figli delle stelle (2010), Pellegrini cambia completamente contesto e si addentra nell’apparente vita facile di tre personaggi appartenenti al mondo dell’alta borghesia romana.
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Mario e Luca sono due amici, hanno studiato medicina insieme e insieme hanno conosciuto la bella Ginevra che decide di sposare Mario. A questo punto le strade dei due amici si dividono: Luca va a lavorare in Kenya per l’Unicef mentre Mario rimane a Roma e opera come chirurgo in una clinica privata dove lavora anche il padre di Luca, Sergio. Dopo più di dieci anni Mario decide di raggiungere Luca in Kenya e aiutarlo nell’ospedale in cui lavora, ma questo viaggio sembra nascondere dei segreti che verranno allo scoperto quando, dopo qualche tempo dall’arrivo di Mario in Africa, Ginevra decide di raggiungerlo. Allora i motivi delle scelte fatte, più o meno consapevoli, dai tre amici vengono a galla, segnando ancora le loro vite.
Già dal soggetto si evince un primo elemento: al centro de La vita facile ci sono le vite dei tre protagonisti, è incentrato tutto sui rapporti che legano Mario, Luca e Ginevra: in questo contesto l’Africa sembra dunque inserirsi come l’elemento esotico che permette la fuga e il cambiamento. Eppure nello svolgimento del film, almeno nella parte centrale, nella quale Mario inizia a prendere confidenza con una realtà della quale non conosce nulla, l’Africa non si limita a far parte del contesto, ad essere un elemento aggiunto e funzionale allo svolgimento della storia, ma diventa essa stessa personaggio. La prima, “superficiale”, scoperta del Kenya da parte di Mario porta con sé altri due aspetti: il primo riguarda il modo di raccontare l’Africa degli aiuti umanitari, un mondo che ne La vita facile sembra, almeno in parte, prendere le distanze da un certo buonismo tipico di questi racconti, portando alla luce alcuni aspetti più umani e reali di questi contesti. Il secondo elemento è l’esplicito riferimento a certi personaggi della commedia anni Sessanta ai quali è ispirato il personaggio di Mario, romano sornione, dalla battuta pronta, apparentemente cinico ma in fondo dal cuore tenero.
La vita facile non abbandona del tutto un certo sguardo carico di pietas soprattutto se rivolto ai bambini, né, attraverso gli incredibili paesaggi che circondano il piccolo ospedale, evita di lasciarsi andare al facile esotismo tipico dal mal d’Africa. Nella parte finale del film, quando tutte le carte vengono messe in tavola e il gioco tra i tre protagonisti si riapre dopo dieci anni di stasi, la commedia diventa un piccolo giallo internazionale nel quale tutto si vede sotto una luce diversa. Un passaggio interessante che però viene sciolto in un lasso di tempo troppo breve che non permette un adeguato sviluppo dei personaggi e della storia, quasi a cercare una conclusione inaspettata per dimostrare la validità delle parole di Luca che presenta il Kenya a Mario: Qui niente è come sembra.
Alice Casalini


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