
Arcipelago africano
di Giulia Ogrizek
Si è da poco conclusa al cinema Intrastevere di Roma, svoltasi dal 13 al 19 giugno, la 16. edizione di Arcipelago - Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini. Durante la variegata programmazione, costituita da 187 cortometraggi, sono stati presentati diversi titoli di interesse panafricano.
Nella sezione internazionale The Short Planet sono stati proiettati Adil e Yusuf di Claudio Noce, già presentato nell’ultima edizione di Panafricana, e Azraa Wa Ahmar di Mahmood Soliman (nella foto). Il regista egiziano, al suo sesto film, continua l’indagine sociale e politica, attraverso la voce di una giovane coppia clandestina, Hema e Leila, che devono amarsi in segreto poichè la famiglia di lei non accetta la loro relazione a causa della povertà del ragazzo. Dopo un rapporto sessuale non protetto però, la coppia rischia di aspettare un bambino. In un momento in cui gli USA hanno invaso l’Iraq e l’Egitto non partecipa alla Coppa del Mondo, i problemi della giovane coppia sembrano non interessare agli amici a cui chiedono aiuto. Interamente girato nella camera da letto di Helma, Azraa Wa Ahmar prende il titolo (rosso e nero) dal risultato del test di gravidanza, che, nonostante l’esito negativo, sembra non risolvere i problemi della coppia, frutto del senso claustrofobico indotto dalla società.
Nel concorso nazionale Con-corto, invece, è stato presentato il primo film di Francesco Sperandeo, Bab al Samah - La porta del perdono, una produzione italo-tunisina, premiato anche a Taormina. Girato in Tunisia e interpretato da attori italiani e tunisini, è la storia del viaggio catartico di Mehdi, un uomo impaurito e bloccato da un passato doloroso e umiliante, simboleggiato da una porta, la porta del paradiso, del cielo, del perdono, dietro la quale è stato abbandonato molti anni prima dall’amata. La soluzione sarà nella distruzione di questa attraverso il fuoco purificatore, prima di scoprire però un ultimo messaggio della donna lasciato in un biglietto nascosto nella maniglia.
Fuori concorso, nella sezione Eventi Speciali, si sono visti tre interessanti documentari. Insc’Allah di Rocco Matteo Busi e Sara Pattini, girato in Sudan, è la testimonianza del lavoro di un gruppo di persone per la realizzazione di un ospedale a Khartoum per la cura gratuita di patologie cardiache. Questo progetto promosso dall’associazione Emergency, prende il nome di Salam (pace), e ci viene raccontato attraverso i punti di vista di tre differenti soggetti alle prese con un’operazione: un medico italiano, un’infermiera e una paziente sudanesi. Un documentario che indaga e mette in luce le differenti posizioni tra l’Africa subsahariana e l’ Occidente, le difficoltà, le diversità e quel senso di collaborazione che ha permesso la realizzazione di un tale progetto in uno dei Paesi più poveri al mondo. È dall’ottobre del 2004 che Emergency ha avviato la costruzione di questo ospedale, attivo però solo dall’aprile del 2007, con un personale internazionale che segue la formazione dello staff medico locale, in grado di effettuare all’incirca 1500 interventi l’anno.
Dalla stessa terra provengono Live in Sudan, il documentario di Andrea Crocchi e Niccolò Fabi, testimonianza del primo concerto di un musicista occidentale tenuto in Sudan, e Mbeubeus di Simona Risi, anch’esso già presentato da Panafrican, ambientato nella discarica di Dakar e raccontato dal punto di vista di Mame Ngor, uno dei 300 bambini che lavorano in discarica come operatori.


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